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01/11/2011 -

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Asili nido comunali, liste d’attesa lunghissime

I dati sono del 2009, ma il quadro che ne esce non è di certo incoraggiante. A dipingerlo è l’associazione CittadinanzAttiva in un report sugli asili nido comunali di tutta Italia. Oggi le strutture nido contribuiscono a conciliare in modo rilevante la vita familiare e quella lavorativa di moltissime donne. I nido non sono più una soluzione per la custodia e la cura del bambino, ma sono un contributo allo sviluppo e all’integrazione socio economica del piccolo e della sua famiglia. L’importanza di queste strutture di formazione è stata riconosciuta a livello europeo, tant’è che il Consiglio d’Europa ha stabilito con l’Agenda di Lisbona di rimuovere i disincentivi alla partecipazione femminile al mercato del lavoro e lo sforzo di fornire servizi per l’infanzia in misura tale da coprire entro il 2010 il 33% dei bambini sotto i tre anni. Il concetto è stato ribadito dal Consiglio anche nelle linee guida per l’occupazione (2008-2010). Ma in Italia si è ancora lontani dall’obiettivo. I livelli di occupazione sono distanti da quelli stabiliti dal Consiglio di Lisbona del 2000 (che prevedevano per il 2010 un’occupazione totale del 70% e per le donne del 60%). Dal rapporto Doing Better for Family, pubblicato dall’Ocse nel mese di aprile del 2011, l’Italia è caratterizzata da un basso tasso di occupazione femminile, da un basso tasso di natalità e da un alto rischio di povertà infantile. Gli asili nido rientrano nei servizi a domanda individuale resi dal Comune a seguito di specifica richiesta da parte dell’utente. CittadinanzAttiva ha preso come esempio per il proprio dossier una famiglia di tre persone (genitori e figlio con meno di tre anni) con un reddito lordo annuo di 44.200 euro e un Isee di 19.900 euro. Dai dati emerge che in media una famiglia-tipo spende 302 euro al mese per mandare il figlio all’asilo nido comunale, ovvero il 12% della spesa media mensile. A Ragusa nel 2009 il servizio, secondo quanto reso noto dall’associazione, costava 156 euro, ma il capoluogo ibleo rientra fra i 17 capoluoghi di provincia italiani dove il servizio è garantito in modalità ridotta, ovvero per 6 ore in media al giorno. Nel resto d’Italia, sebbene si paghi qualcosa in più, il servizio è garantito per una media di 9 ore al giorno. Cosa significa questo? Vuol dire che, per la restante parte del giorno, o uno dei genitori accudisce il bambino, o lo si affida ai nonni, oppure si deve ricorrere a baby sitter o asili nido privati con ulteriore spesa per le famiglie. Continuando a sfogliare le pagine del dossier, si nota che il 60% dei nidi comunali è concentrato nelle regioni del Nord Italia, il 27% in quelle del Centro e appena il 13% al Sud. In media in Italia la copertura del servizio, che come abbiamo spiegato è essenziale per le famiglie e per le donne, è del 6,2%. Se poi si analizza il dato relativo ai soli capoluoghi di provincia, la percentuale di nidi presenti al Meridione cala al 12%. La forbice fra Nord e Sud anche in questo caso è ampia e testimonia come le due parti del Paese procedano ad una velocità diversa. E Ragusa? Come detto è una delle più economiche città in Italia per quanto riguarda le rette (sebbene il servizio sia limitato a 6 ore in media). Per quanto riguarda la copertura rispetto alla potenziale utenza, i dati non sono incoraggianti: appena il 5,8% dell’utenza era coperta nel 2009, secondo quanto sostiene il dossier di CittadinanzAttiva, con 5 asili nido aperti e 151 posti disponibili. Le liste di attesa nel 2009 erano pari al 64% di coloro che avevano fatto domanda. E il dato della copertura dell’utenza si abbassa al 2,8%, se si considera il dato provinciale con le strutture che calano di 4 unità fra il 2008 e il 2009 (da 13 asili nido si passa a 9). Calo che corrisponde a quello dei posti disponibili (dai 492 del 2008 si passa ai 349 del 2009) e all’aumento della percentuale delle liste d’attesa (si passa dal 51% del 2008 al 55% del 2009). A livello nazionale la città di Ragusa è quarta in Italia per liste di attesa, preceduta solo da Siracusa, Palermo e Treviso. Per uscire dalla crisi c’è bisogno anche di servizi a sostegno delle famiglie. Gli asili nido garantiscono in particolare alle donne di poter lavorare e coniugare facilmente il tempo da dedicare alla famiglia con quello per la propria professione o attività lavorativa. Ciò significa un maggiore introito economico per la coppia che non si vedrebbe costretta a rimandare la decisione di avere figli. Oggi una donna su quattro, fra le nate nel ’65, non ha figli, mentre in Francia per le pari età il rapporto si abbassa ad una su dieci. Bisogna svegliarsi dal letargo e bisogna farlo garantendo maggiori servizi per la famiglia con un’azione amministrativa decisa che valorizzi il welfare e le politiche per la famiglia, che preveda fondi e agevolazioni per le giovani coppie, anche, se non soprattutto, in un momento di tagli ai trasferimenti dallo Stato agli Enti locali. CittadinanzAttiva chiede maggiore attenzione per lo sviluppo delle famiglie, per la formazione dei cittadini di domani, per le donne che lavorano.

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