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03/11/2014 -

Volontariato/

ASSOCIAZIONE VOLONTARI OSPEDALIERI

Corso Avo i partecipanti alla giornata di studio“Ci vuole disponibilità e umiltà a formarsi. Nessuno, per il semplice desiderio di aiutare, diventa una persona preparata. Bisogna entrare con discrezione e in punta di piedi nella corsia di un ospedale. Per farlo occorre sottoporsi a un itinerario e a un percorso di formazione, essere accompagnati da qualcuno che ha già una certa esperienza e poi continuare a mantenersi aperti, a rivedere il proprio modo di porsi. Ogni giorno possiamo imparare, soprattutto facendo sì che il malato diventi il nostro formatore, il nostro insegnante. Il volontario deve calarsi in questo ruolo di discrezione e di umiltà per apprendere ogni giorno dalle persone che assiste”. E’ il significativo messaggio lanciato da padre Arnaldo Pangrazzi, docente presso l’istituto Camillianum di Roma, aprendo i lavori della giornata di studi promossa dall’Associazione volontari ospedalieri, in collaborazione con l’ufficio diocesano per la Pastorale della salute, che coincide con l’avvio del 36esimo corso di formazione base Avo per nuovi volontari e aggiornamento e con il secondo incontro dell’ufficio diocesano rivolto a chi intende dedicare un poco del proprio tempo a chi soffre negli ospedali, nelle cliniche private, nelle case di cura e di riposo. I saluti introduttivi sono arrivati da Rina Tardino, presidente dell’Avo Ragusa. Sono intervenuti il vescovo della Diocesi, mons. Paolo Urso, il presidente regionale Avo Lucia Dimartino, il direttore amministrativo dell’Asp 7, Vito Amato, l’oncologo Carmelo Iacono, Gaetano Pernice in rappresentanza del Csve e Gaetano Trovato, presidente onorario Avo Ragusa. L’iniziativa è risultata molto partecipata. “Il volontariato – ha spiegato poi don Pangrazzi – è un segno positivo della disponibilità, dell’altruismo e della generosità delle persone di rendersi prossimi a coloro che soffrono per mitigare un poco del loro dolore attraverso la relazione, l’ascolto delle loro preoccupazioni e delle loro speranze. Per vestirsi di umanità, per essere più competenti è importante che i volontari sappiano formarsi sempre di più, formarsi mentalmente, formarsi nella competenza emotiva per potere recepire con maggiore attenzione e sensibilità i messaggi delle persone provate da una diagnosi infausta, da una infermità cronica o terminale. Questi incontri servono per plasmare, approfondire le motivazioni del volontario e offrire elementi perché la loro azione, il loro intervento accanto a chi soffre sia più umano, più efficace”.

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