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24/11/2014 -

Chiesa/Società/

I vescovi di Brooklyn e Salt Lake City in visita a Ragusa  

vescovo prefettura

Il sistema di accoglienza in Sicilia e in Italia al centro della visita dei vescovi di Brooklyn e Salt Lake City Nicholas Anthony Di Marzio e John Charles Wester. I religiosi hanno scelto di trascorrere la giornata di sabato in alcune strutture di accoglienza della provincia di Ragusa. I religiosi, accompagnati da John Kavin Appleby, direttore del settore Migratorio della Conferenza americana dei Vescovi cattolici, hanno fatto una prima tappa al Cara di Mineo per poi giungere nel territorio ragusano. “Siamo venuti fin qui – afferma Di Marzio – perché come membri della Conferenza americana dei Vescovi cattolici volevamo rappresentare la situazione dei migranti al governo americano. È difficile fare arrivare notizie in America sul tema. Dopo la chiusura del Centro di Lampedusa, infatti, manca il clamore mediatico che ci permetteva di monitorare la situazione”. Dal Cara di Mineo al centro della rete Sprar “Accoglienza Casmenea” di Torre di Canicarao a Comiso gestito dalla Fondazione San Giovanni Battista. Tappe di due differenti modelli di accoglienza. “Il sistema Sprar – sottolinea Appleby – è quello che più somiglia al sistema americano che predilige accogliere direttamente i rifugiati dopo averli riconosciuti tali nel loro paese di origine”. “Vogliamo osservare – aggiunge Wester –come l’Italia e l’Europa trattino i migranti africani che attraversano il Mediterraneo e le modalità di identificazione e riconoscimento dello status di rifugiato. Può essere interessante capire se tale modello può essere riportato negli Stati Uniti”.   Prima di proseguire il viaggio verso il Centro di primo soccorso ed accoglienza di Pozzallo, i religiosi hanno incontrato il Prefetto, Annunziato Vardé ed il vescovo di Ragusa, monsignor Paolo Urso. “La caratteristica di questo territorio – spiega il vescovo Urso – è l’accoglienza. Quando si verificano fenomeni di resistenza verso lo straniero, sono solo episodi minimi e sporadici. È comprensibile che i nostri amici statunitensi abbiano scelto di venire proprio a Ragusa per verificare sul campo la situazione che vivono tanti migranti, ma anche gli operatori dell’accoglienza. Siamo i primi a soffrire, tuttavia, quando ci rendiamo conto che le attuali contingenze economiche non permettono di fornire in pieno le risposte che desidereremmo dare”.

 

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