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05/11/2016 -

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4 NOVEMBRE A VITTORIA. LA DIGNITA’ DELLA UMANA PIETAS E’ STATA OSCURATA DALLA INDIFFERENZA

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Riceviama da Francesco Aiello e pubblichiamo. “Ho appreso il rispetto per i caduti dai racconti di mio nonno, che l’aveva vissuta, e di alcuni amici che ci raccontavano degli orrori della guerra. Ragazzi mandati al fronte, lontani dalle loro case, per lunghi anni. Molti di loro non sono più tornati. E ci narravano tante storie di umanità ferita, tristi storie di assalti sanguinosi, per gli Italiani soprattutto, durante la prima guerra mondiale. A noi nipoti, poi, la lettura di Ungaretti, poeta della trincea, della solitudine e del dolore, ci conduceva alla universale consapevolezza della disumanità della guerra. In questa nostra città, periferia d’Italia e del Mezzogiorno, fu realizzato un Campo di Concentramento che accolse migliaia di prigionieri Austro-Ungarici. Fu allocato, si puo’ dire, all’interno del perimetro urbano e le passate generazioni lo vissero compiutamente sotto diversi profili. Nei racconti di un tempo, anche dei combattenti italiani, lo si indicava come luogo di dolore e di asilo per tanti giovani, nemici al fronte, ma poveri uomini nella detenzione. Sapemmo piu’ tardi, almeno la mia generazione, che il Campo era organizzato con la sua economia, la sua moneta, e tutto un sistema di relazioni e di scambi con la popolazione locale. Quando, finita la guerra, in gran parte lasciarono liberi il Campo, fu sottoscritta una lettera di ringraziamenti al Comandante per l’umanità dimostrata verso di loro, prigionieri in terra straniera. Ma molti di loro non ce la fecero a tornare a casa, come invece accadde a molti dei nostri, a mio Nonno Achille, per esempio, che fu tratto in prigionia al fronte e trasferito nelle campagne ungheresi a prestare la sua manodopera bracciantile. Parecchi  morirono a Vittoria e furono sepolti nel nostro Cimitero. Ancora giovanotto e Consigliere comunale a 23 anni, ebbi un colloquio, non ricordo in quale circostanza, col Cavaliere La Grua, padre dell’On. Saverio La Grua, che mi parlo’ della necessità di prestare attenzione al decoro della Cappella Ungherese costruita al Cimitero, per onorare la memoria di quei giovani, deceduti a Vittoria lontani dalla loro terra.  Strano quel discorso per me giovanissimo, ma già attivo militante del Pci, e comunque abbastanza eretico già in quegli anni. Fatto è che quel colloquio mi indusse a una lettura di quelle antiche storie in controluce rispetto alla concretissima vicenda di mio nonno che era stato fatto prigioniero dagli Austro-Ungarici ma che era ritornato a casa. Così immaginai cosa potesse essere stata la storia di quei giovani, venuti a morire a migliaia di chilometri dai loro paesi e dalle loro famiglie, pur essi braccianti e operai, pur essi giovani. Alcuni anni dopo divenni Sindaco, era il 1978, e mi ritorno’ la memoria di quell’incontro. Fu poi Maria Amorelli a sviluppare e materializzare l’idea del Museo Italo-Ungherese, uno dei piu’ importanti d’Europa. In Ungheria vi era ancora un regime del Socialismo reale, e a noi comunque non fu difficile stabilire delle relazioni amichevoli con le Autorità Ungheresi. Le capacità di Maria Amorelli ben presto ci portarono a definire un progetto di Restauro di uno dei Capannoni ancora salvabili dal degrado in cui versava il Campo e a concretizzare in collaborazione il progetto di Istituzione del Museo con l’intervento ufficiale delle Autorità italiane e Ungheresi. Più tardi, nella fase di massimo splendore del Museo, Vittoria ebbe l’onore di ricevere non solo Autorit’ militari di primo livello, come il Generale Botz, ma anche il Presidente della Repubblica Ungherese Arpod Gonz, che era stato a suo tempo incarcerato in Ungheria durante il regime precedente. Ma quel lavoro di costruzione della rete della memoria solidale, andava avanti, nonostante cambiassero le bandiere e i regimi. Le nostre visite erano frequenti e così quelle dei nostri amici Ungheresi, dei rappresentanti delle Istituzioni e della cultura. Siglammo successivamente un gemellaggio con la Città di Mathezalka, verde città della pianura ungherese, in Transilvania, E i nostri amici furono verso di noi prodighi di doni e di pezzi museali grandiosi, che ora sono stati abbandonati al vandalismo, nella polvere e nell’oblio. Il Museo stesso fu realizzato con il contributo partecipativo della Repubblica d’Ungheria e una Commissione di studiosi vittoriesi e ungheresi ci accompagno’ sempre nella strutturazione dello stesso. Per Vittoria fu Giancarlo Francione a curare, con competenza e scrupolo, la definizione del progetto culturale e delle iniziative correlate. Quasi ogni anno, le Autorità Ungheresi hanno partecipato alle onoranze funebri nel nostro Cimitero, con visita al Museo gemellato, e poi alla Cappella Ungherese. Ora non più. Oggi 4 Novembre sono passato di fronte al Museo. Lo squallore che vi regna è opprimente e insopportabile. Le bandiere stracciate e ridotte a cenci testimoniano il lugubre messaggio dell’indifferenza e della ferocia, a danno dei buoni sentimenti e della dignità dei caduti nella Grande Guerra del 1915-1918. Museo chiuso, depredato, scassato, vandalizzato. Ma soprattutto murato dalla indifferenza di una Amministrazione comunale tanto retorica nei pronunciamenti quanto cinica e becera nei comportamenti. E dire che a questo progetto mi condusse una persona …..che non era della mia parte… Che dire di piu’ ? Onore e gloria a quegli uomini, a quei giovani, che vissero quegli eventi mantenendo nelle alterne vicende il senso della umanità e il valore della fratellanza. Rispetto verso coloro che comunque hanno riconosciuto e hanno onorato il sacrificio compiuto da quelle generazioni che hanno servito e combattuto, anche nelle guerre sbagliate, spesso sotto le costrizioni delle caste militari, ma col cuore generoso della fratellanza umana e nello stesso tempo con la semplicità di chi ha fatto il suo dovere. Viva l’Italia”. Firmato Francesco Aiello

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