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16/12/2016 -

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FEDERICO PICCITTO COME LA RAGGI, URGE TAGLIANDO 

fedIn 48 ore due scoppole per l’amministrazione ragusana e il finimondo a Roma. Cosa accade ai grillini? Dice bene Roberto Saviano commentando l’arresto del fidatissimo della Raggi: siete facilmente infiltrabili e, al contempo, se qualcuno vi critica lo buttate fuori. Tradotto: come fate  così a selezionare classe dirigente e a crescere politicamente? Quadretto trasferibile anche da noi a Ragusa. Se la Raggi rischia di saltare per  aria per il caso Romeo – un funzionario dipendente del Comune di Roma assunto a tempo indeterminato che ricorre all’istituto dell’aspettativa per poi essere riassunto dal medesimo ente a tempo determinato con un contratto di dirigente  col conseguente vantaggio economico dello stipendio più che triplicato – non mettiamoci il prosciutto sugli occhi: Piccitto a Ragusa si è comportato allo stesso modo. Stiamo parlando del concorso per l’individuazione del dirigente per l’ufficio del gabinetto del sindaco. C’era un funzionario, il Dottore Toti Scifo già in organico nello stesso ufficio del sindaco, che partecipa al concorso e lo vince dopo aver superato brillantemente un colloquio (ricordiamoci la formuletta dell’incarico non solo per i titoli, ma per fiducia). Scifo quindi si mette in aspettativa e viene riassunto come dirigente passando da uno stipendio di 35 mila euro a 100 mila euro l’anno. Nessuna denuncia alla Procura, nessun interessamento alla Corte dei Conti, nessuna azione forte da parte dell’opposizione. Solo un “io lo sapevo, l’avevo detto che c’era già un vincitore”  consegnato alla stampa dal consigliere di Città che si esaurisce in infeconda vanità senza riuscire a dar seguito ad una vicenda che è invece di rilevanza profonda e non solo per i peccati amministrativi. Serve quindi che i fatti siano distesi per bene per poi osservare lo stato del nostro governo locale. Piccitto entra a Palazzo, primo anno di entusiasmo, prime difficoltà, apparati assolutamente di traverso che rifiutano collaborazione e temono il cambiamento, maggioranza di infimo livello che scalpita su più fronti – chi vuole visibilità, chi sogna l’assessorato, chi si crede unto del signore, e infine chi vorrebbe maggiore confronto e sogna la nuova democrazia. I malumori che sono frutto di inconsistenza politica trovano un bersaglio perfetto nell’assessore Stefano Martorana e poi, sempre per colpa della leggerezza e dell’approssimazione, scoppia il caso della Campo costretta a dimettersi, e, dopo lungo travaglio, persino Iacono con un colpo di teatro lascia la maggioranza.  Piccitto ha due strade in quel caos anarcoide: ricominciare daccapo e svolgere il ruolo dell’apostolo diffondendo il verbo grillino e nutrendo la coscienza morale politica di quello che allora chiamammo il “truppone” oppure chiudersi nello splendido fortino governando e fidandosi dei pari del regno. Sappiamo tutti com’è finita: Piccitto, Martorana, da qualche mese Iannucci, e quel ragazzo che scatta foto e elabora post – Allocca -… e così siamo arrivati al quarto e penultimo anno di grillismo in attesa che scocchi l’ora della rivoluzione. Amen. Piccitto però non è uno scemo e gli apparati devono essere fluidi. Il primo clamoroso annuncio  “dimezzati stipendi e numero di dirigenti”, viene infilato nel cesso e inizia il nuovo vecchio corso e i dirigenti d’incanto si riprendono le antiche e conosciute sembianze di volenterosi sostenitori dell’esecutivo. La macchina ora funziona, e Piccitto – pur avendo perduto quel flusso spontaneo e speranzoso di consenso – marcia dritto incurante non tanto dei cittadini, che non lo turbano, quanto della sua maggioranza da lui elegantemente definita una massa di imbecilli. L’assunzione di Toti Scifo, che fra l’altro rafforza la sensazione di massima indipendenza e autonomia ottenendo uno staff motivato e compatto, conclama l’allontanamento di Piccitto dalle tesi di rivisitazione totale del Palazzo perché si sceglie non solo di far contento un proprio dipendente che l’anno prossimo andrà in pensione ma di sfruttare i vecchi metodi, le antiche scaltrezze della casa. Dato che la legge vieta di assumere come dirigente un dipendente interno, cosa si era pensato un tempo per risolvere il problema? Ci voleva la genialata di una mente finissima, quella del Dottore Enzo Adamo che tutti a Ragusa conosciamo per garbo, preparazione, arguzia, che fu consulente del sindaco Mimmo Arezzo. Si allestiscono concorsi aperti e, grazie alla fiducia, i sindaci scelgono funzionari interni: accadde allora per Toti Scifo, e anche per il dottore Nuccio Mirabelli ora in pensione. Torniamo ai giorni nostri. Piccitto che è uomo che crede assai alla forma chiede agli apparati se l’operazione è fattibile e gli apparati gli portano il precedente e si svolge il concorso e tutto procede secondo copione con la certezza che nemmeno l’opposizione osi fare “na mala parti” al  simpaticissimo dottore Scifo. Nessun ostacolo di fronte a Piccitto tranne la storia. Sfortuna volle che gli occhi del paese siano puntati su Roma ed ogni mossa della Raggi finisce sotto la lente attentissima o vendicativa, seconda come si guardi la faccenda. Comunque se qualcuno a Ragusa solleverà la questione si scoprirà che non c’è differenza alcuna tra il comportamento di Piccitto e quello della Raggi. Perché serve che qualcuno a voce alta e chiara si accorga di questa straordinaria affinità tra i due sindaci? E qui andiamo alla natura del rinnovamento che si auspicava eleggendo i giovani cinquestelle. Una amministrazione che si muove sul solco di una burocrazia geneticamente incompatibile con l’aria fresca di una nuova giustizia che combatte la diseguaglianza non può più coltivare la forza e il desiderio di lottare per il cambiamento sociale e politico. E infatti Piccitto amministra bene strade, panchine, fiori, teatrini, qualche condotta idrica, il resto è in mano alla fidatissima macchina di Palazzo. Si sostengono vicendevolmente dirigenti e governanti e tutto scorre liscio nel loro paese post reale. E così non solo interpretano la legge, ma intuiscono e quasi fiutano i desideri degli assessori e del sindaco e così, ispirati da unico afflato, abbiamo il dirigente ragioniere capo che puntella l’urgenza delle variazioni di bilancio- sol perché Stefano Martorana non vuole confrontarsi con i consiglieri – (scoppola in aula: variazioni di bilancio tutte bocciate, presunzione e prepotenza punite); e poi il dirigente Lumiera che non riesce a definire  per bene una delibera che presta il segretario comunale alla provincia una volta al mese dove noi però dovevamo pagare lo stipendio (scoppola l’altra sera in aula – delibera bocciata); e poi il dirigente ai lavori pubblici Scarpulla che felice del regime di castità che non ammette alcuna ombra, prende il suo unico figliolo, un giovinetto, e lo piazza per una esperienza lavorativa – sapete dove?- dal signor La Ferla titolare della ditta che gestisce cimiteri, acqua, bagni pubblici; e poi, dulcis in fundo, il servizio taxi h 24 del dottore Toti Scifo che giovedì sera quando i grillini  erano sotto di numero è andato a prendere a casa la consigliera Gianna Sigona e poi l’ha riaccompagnata a casa. Si dirà: forse anche da funzionario con 35 mila euro l’anno avrebbe avuto l’immenso piacere di portare a Palazzo la Sigona così come serviva al sindaco e a Martorana per votare le variazioni, ma crediamo che con 100 mila euro l’anno lo si faccia con maggiore entusiasmo. E’ chiaro che non avendo, né sindaco né Martorana, volontà di dialogo, i rapporti si inaspriscono, l’opposizione si fa tale, e lo scontro ora è serio. Urge tagliando per la Raggi, per Piccitto, per i cinquestelle. L’altezzosa solitudine o il prendere le distanze dalle porcherie – sempre e solo degli altri – non è più bastevole. Erano loro i giacobini sospettosi ed ora il mondo si ribalta! Che roba! Se non foste quei bravi ragazzi verrebbe sulla labbra quel verso della Gaia Scienza: “Dal punto di vista morale sospetteremmo l’indecenza”. Urge tagliando.

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