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23/11/2011 -

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Nello Dipasquale, lasciate che i poveri vengano a me

E’ sprecato per Ragusa il nostro sindaco, dovrebbe occuparsi di captazione del consenso nelle più grandi aziende del mondo. I mercati, che non vanno per il sottile, lo apprezzerebbero assai questo ibrido tra Oliviero Toscani e Achille Starace. A noi, però, le masse fuse in granitico blocco continuano a terrorizzarci e così lo sfruttamento dei deboli e dei bisognosi. Se non ci fossero gli atti pubblici a documentare l’ossessione di Nello Dipasquale a controllare persone e coscienze, il giudizio, ormai diffuso, sul suo egocentrismo sarebbe solo una coloritura opinabile, ed invece sono le sue scelte operative che certificano una condizione politica e mentale giunta alla soglia della criticità. E’ stato approvato il 10 novembre scorso un protocollo d’intesa tra la società San Vincenzo de’ Paoli e il Comune di Ragusa per un servizio di assistenza alimentare agli indigenti. Normale la collaborazione, giusto il contributo di 18 mila euro, necessario avvalersi di soggetti privati con storica esperienza nel campo del volontariato e dell’esercizio della carità, doveroso occuparsi delle diseguaglianze attraverso fondi pubblici. Tutto ok, tranne la procedura per distribuire le derrate alimentari ai poveri. Leggiamo nel corpo della delibera 431 della giunta: “La società San Vincenzo individua i nominativi delle famiglie oggetto dell’aiuto alimentare, privilegiando quelle che saranno segnalate dal Comune, esclusivamente attraverso l’ufficio di gabinetto del sindaco”. Non era mai accaduto nella storia della Ragusa repubblicana, e forse neanche sotto i podestà fascisti, di regolare con norma scritta il rapporto di sudditanza e clientelismo tra il bisognoso e il padrone. Anzi, da quando c’è l’elezione diretta del sindaco, tutte le amministrazioni hanno tentato di dirottare i postulanti ai servizi sociali, e non solo per liberare i primi cittadini da questo pellegrinaggio che ingolfa l’ufficio, ma per abituare gli indigenti ad una relazione di reciproca dignità con l’ente pubblico. Con Nello Dipasquale c’è il tonfo nel passato: i rapporti di classe sono tornati al Medioevo e all’antica Roma dove la mattina il cliens dava il buongiorno al pater familias ricevendo quindi una borsa piena di cibo, la “sportula”. Chi bussa alla porta del sindaco e narra delle proprie difficoltà ottiene il cesto di viveri: esclusivamente chi passa dal sindaco. Come ha fatto il dirigente ad accettare di trasferire in un atto pubblico questa necessità meschinamente privata del sindaco? Non è l’unica domanda in questo mare di umiliazione e vergogna. I servizi sociali a che servono? E l’assessore Ciccio Barone del Pdl, che ci sta a fare? E se Dipasquale non vede l’utilità di questo assessorato perché non lo cancella e manda a casa il delegato? E che differenza sostanziale c’è tra questa scelta accentratrice e il ricordo della distribuzione di pasta in campagna elettorale nei quartieri dimenticati delle città meridionali? E la società San Vincenzo perché non ha rifiutato questa condizione inserita nel protocollo di intesa che sfrutta il momento di solidarietà convogliando i poveri nel registro dei protetti e dei debitori? Tutto il mondo è in crisi e in fiamme per la ricerca di uguaglianza, ma la nostra città è ferma all’arbitrio di un signorotto. Siamo a Ragusa o in una puntata dei Pilastri della Terra? No. Siamo a Ragusa: favolosi yacht al porto di Marina, società fantasma con sede a San Marino, cemento che grida libertà. E gli onesti? E i poveri? I primi guardano amareggiati e perplessi, i secondi hanno imparato persino le giornate in cui possono sentire i morsi della fame: martedì e venerdì, quando riceve il sindaco.

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