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14/01/2012 -

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NELLO DIPASQUALE E LA RIVOLUZIONE DELLA DECENZA

A Malinconico un costruttore aveva pagato un soggiorno in un resort. Si è dimesso. Da noi, a Ragusa, un simpatico capo gabinetto del Comune si vantava, anni fa, che il suo sindaco poteva permettersi di viaggiare con assiduità perché tanto non spendeva niente, gliele offrivano gli amici, le vacanze. Da noi, a Ragusa, la società Ato ha rinominato come liquidatori due uomini, Migliorisi e Cugnata, che parteciparono attivamente alla parentopoli infilando due loro care amiche nei contratti a progetto. Fu un’infornata storica; una grande abbuffata che coinvolse tutto il centrodestra ibleo a partire dalla Udc (che non a caso non è intervenuta nella vicenda) e che destinò un posticino all’allora segretario cittadino Castilletti, attualmente dirigente del Pid, il quale ha inserito la figliola. Da noi, a Ragusa, una ditta vincitrice di appalti importantissimi, come i cimiteri e l’acqua, la Pegaso, svolge il servizio senza avere firmato il contratto. Al Comune di Ragusa non hanno inserito nell’ultimo bilancio – come se si trattasse di spese imprevedibili – le somme per pagare la ditta: poi ci ha pensato il sindaco, con i fondi di riserva, a liquidare la corposa fattura. Si tratta della stessa ditta che Dipasquale e soci hanno sfruttato per anni per sistemare i loro protetti. Non servono i contratti, al Comune di Ragusa, basta la parola se si è amico. I dirigenti continuano a far finta di nulla: sono solo esecutori, sono stati nominati dirigenti anche se la legge non lo consentiva, sono servitori fedelissimi non dello Stato, ma di Nello Dipasquale. Da noi, a Ragusa, il miracolo dell’edilizia ha trainato l’economia alla velocità della luce dimostrando che volendo la buorocrazia è snella e veloce: nel giro di una settimana i costruttori hanno comprato i terreni e il consiglio comunale li ha fatto diventare zone edificabili. Poi hanno festeggiato con un bel viaggio. Da noi, a Ragusa, le inchieste hanno solo lo scopo di dimostrare la felicità del nostro territorio: militari, giudici, amministratori e stampa costituiscono un blocco istituzionale sinergico e armonioso. Nello Dipasquale dovremmo spedirlo ad Hollywood, come a Rodolfo Valentino: tutti ai suoi piedi. Purtroppo patiamo anche noi qualche sofferenza. Come nel film di Jonny Stecchino, abbiamo un problema: il traffico, questa volta delle barche. L’ultima uscita sul giornale del nostro caro sindaco (da qualche giorno non lo sentiamo, sarà in ritiro), verte appunto sulla cattiveria di Mario Monti che vuole distruggere con le tasse sulle barche lo sviluppo del porto di Marina. Il signor sindaco ci racconta che ci sono 350 persone che svernano al porto: che tradotto significa che abitano lì in inverno. Al sindaco piace esagerare. Sono circa 50 gli stranieri, perfettamente identificabli come frequentatori dell’unico bar del porto, quello del cognato del sindaco – Dibbenardo che quindi spazia tra cielo e mare, porto e aeroporto. A Nello Dipasquale, Mario Monti, in verità, gli ha fatto un gran piacere: gli ha fornito un alibi per scrollarsi di dosso la responsabilità dell’illusione prossimamente infranta. Ha preso, il nostro sindaco, due piccioni con una fava: potrà dire che la colpa della ricchezza perduta è di Monti, della Finanza e della agenzia delle entrate, e poi si troverà costretto in qualche tornata elettorale a scendere in campo come ultimo difensore della città dimenticata. Siamo chiusi in un cerchio. Stiamo annegando nella crisi e nell’emergenza democratica che hanno devastato il tessuto sociale; il berlusconismo è vivo, qui a Ragusa: i premiati rimangono coloro che sono asserviti al capo. Siamo governati da una classe politica che è brava solo ad accudire ai propri affari. Non ce n’è uno che dica il vero sulle effettive possibilità di ripresa della città e sugli errori strategici compiuti nel passato, frutto di delirio e di malaffare. Non hanno visto il mondo che mutava ed hanno continuato a raccontarci fandonie: vogliono solo prendere voti vendendo illusioni. La realtà è buia, piena di sconforto, di fallimento, di rabbia. Non ne possiamo più di questa Ragusa all’arraffo e dei suoi 350 fantasmi stranieri che minacciano di abbandonare i nostri lidi; sarebbe una prova di eleganza ammettere che il porto turistico è solo un magnifico salotto le cui bellezze non portano ricchezza alcuna. Ma l’eleganza non si compra, nè si conquista frequentando i ricchi. Nello Dipasquale poteva solo aggiungere il terrore, alla fallacia. Nelle stesse ore di questo ennesimo colpo propagandistico il vescovo di Ragusa, Paolo Urso, faceva scalpore dichiarando che lo Stato deve riconoscere le unioni gay, ricolloccando Ragusa in un circuito di pensiero profondo, planetario, evangelico: rispetto, accoglienza. Parole rivoluzionarie che ci riportano, dopo tanto tempo, in un sentiero di decenza. Un vescovo che sfoglia con naturalezza le pagine scottanti dell’amore, e un sindaco che celebra i milioni fatti e perduti che alimentano il mostruoso sistema.

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