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31/08/2012 -

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LIBERATION E AMAREZZA

Se n’è andato lasciando quell’odore inconfondibile e pesante dell’oscenità del potere, un eccesso divenuto il movimento centrale del suo agire e che ci ha costretto ad abituarci ad un parossismo inconcludente dove ad ogni giro vorticoso riappariva, in un abbaglio, la sua figura sempre più tirata, quasi stilizzata, volante, una tetra brutta copia di uno Chagall da incubo, senza colore. L’ultimo anno Nello Dipasquale l’ha trascorso esclusivamente a mettere a punto il suo decollo: pugnalata finale a Leontini, abbandono Pdl, abbraccio con i Forconi, annusata con Aiello, innamoramento con Zamparini, invenzione di Territorio, e migliaia di chilometri su è giù per la Sicilia – racconta il suo amico che gli fa da autista – come piazzista vendendo un prodotto di successo: se stesso. I ragusani erano infastiditi di questo girovagare, così come erano consapevoli che Territorio fosse solo un arnese atto allo scasso, un piede di porco per introdursi con forza nel mercato siciliano della politica; ma il piazzista appena veniva colto con il tappeto in spalla, buttava la merce, indossava il vestitino blu d’ordinanza e giurava e spergiurava che sarebbe rimasto in ditta, a palazzo dell’Aquila. Presidente, deputato, sindaco, con le tre carte che facevano girare la testa, un turbinio che portava la nausea… c’è, rimane, eccolo, è sindaco, sì è sindaco, no, se ne va, se ne va, domani, fra tre giorni, sino al 30. Il piazzista Nello Dipasquale non ha avuto il coraggio di dimettersi in consiglio comunale, il pubblico non era scremato a dovere: ha preferito farlo tramite la stampa che, a volte, oltre ad essere libera e democratica, è sentimentalmente asservita, uno dei tanti effetti collaterali derivati dall’eccesso osceno del potere. Liberarsi da un piazzista è una grande soddisfazione, per chi ha la capacità di cogliere l’inganno; per chi ha comprato, invece, è il dolore della fregatura. I gabbati, è vero, sono quelli del centro destra e tutta la schiuma interclassista che lo aveva votato e rivotato. E’ troppo cattivo dire a questa gente che chi tradisce una volta lo fa per sempre, è una droga, e quindi ben gli stia di essere stati fottuti dopo un anno. I liberati ed i gabbati abbiamo tutti un unico problema: Nello Dipasquale ha frantumato quel poco di senso civico e politico che ci rimaneva. Ci ha bombardato con la sua Ragusa da bere, con l’illusione di una città in crescita, con le fandonie della grandezza, con una volgarità e rozzezza dei modi che hanno elevato l’incultura a modello dominante. Un assessore confidava: fa uscire il peggio in tutti noi. Il Comune è a pezzi, senza guida, con scandali occultati; da un anno siamo amministrati da Michele Tasca e Ciccio Barone e mentre il sindaco alternava i suoi viaggi estivi alle sortite con Cateno De Luca alla conquista della Trinacria, il Comune si sfaldava. E’ mancata l’acqua in molte zone di Marina per 15 giorni e nessuno ha raccontato la verità: si erano dimenticati di aprire una pompa sommersa. Dovevano essere cacciati la ditta, l’operaio, il funzionario, il dirigente, e l’assessore Addario. Il Comune è a pezzi. La tragedia del dottore Salerno è anche simbolica e inquadra l’intero apparato: l’apoteosi di una macchina perfetta e dispendiosa al servizio del principe e poi lo spappolamento, la morte. Per sei anni nessuna moderazione, nessuna mediazione, mai; solo una continua eccitazione fascistoide che copriva gli affari di quattro costruttori paraculi che tengono la città prigioniera del passato. Ora si può quantificare l’operazione messa in piedi da Nello Dipasquale: possiamo farci i conti grazie a Monti che ha introdotto l’Imu per i terreni agricoli edificabili e così scopriremo quanta terra hanno comprato gli amici dell’ex sindaco. Il resto del suo amministrare è stato una boiata, più o meno come quella ridicola Copacabana in miniatura allestita in via Roma, un capriccio assolutamente rinviabile vista la crisi, e poi tanta, tanta, tanta propaganda, per illusione o per danaro, anche qui tanto. Sui programmi di oggi, solo chi è un masochista della truffa può crederci. Il motto è “Ragusa, Io ti salverò”. Un novello Atlante sulle cui curve e possenti spalle graverà l’intera isola. La prima proposta concreta è la ipotesi di coniare moneta sicula: berlusconiano doc per le cazzate, almeno questo punto di riferimento gli è rimasto immacolato. Tutto questo basta senz’altro a farci sentire la freschezza della liberazione, epperò dobbiamo parlare con onestà e quindi trattare anche della nostra amarezza, quella che potrà affliggere tra qualche giorno il popolo della sinistra ragusana. La storiella della presidenza della Regione è uno specchietto per le allodole, dietro c’è solo la voglia di una comoda poltrona all’Ars con il relativo stipendio da 12 mila euro al mese, e dunque la favoletta della presidenza sfumerà a breve. E’ vergognoso che ci si candidi potenzialmente con tutti e dunque al miglior offerente, senza fare differenze di idealità, ma lo è di più se il vessillo del nulla incanta un candidato di sinistra. Crocetta lo vuole inserire nella sua lista, crede nella sua forza elettorale e dalle prime uscite sembra abbastanza lesto da caricare tutto e tutti in carrozza. Il Pd che è da ieri il primo sponsor ufficiale – insieme alla Udc – di Crocetta, avrebbe il dovere di controllare sui territori le alleanze ed i reclutamenti e di porre, se occorre, anche un veto. Crocetta non può incamerare cani e porci, e il Pd non si può appellare, in questo caso, all’urgenza di salvare l’Italia e di fare quadrato per non precipitare nel fallimento; in Sicilia siamo purtroppo in piena fase di delirio rococò e possiamo permetterci il lusso dei distinguo. Nello Dipasquale non ha nulla a che fare con i progressisti e se questi lo ingloberanno senza fiatare, il Pd perderà nella città di Ragusa credibilità, entusiasmo e voti. Il Pd ragusano ha avuto in questi lunghi anni bui di regime dipasqualiano la lucidità, grazie a Calabrese, di una opposizione forte, chiara, lungimirante, preveggente, e la maturità di candidare Sergio Guastella come antagonista dell’ex sindaco, dicendo ai cittadini che la rielezione sarebbe stata un bluff perchè Dipasquale se ne sarebbe andato. Il Pd non può tradire se stesso fingendo che l’uomo combattuto con orgoglio solo un anno fa si è trasformato in un alleato. Il Pd regionale deve mettere un veto. Se ciò non accadrà la responsabilità sarà solo di un uomo: Gianni Battaglia. Non conta niente nella città di Ragusa, ma nella giurassica struttura del partito, ancora lo ascoltano, ed il suo silenzio su Dipasquale ha la valenza di un patto scellerato. Tutte le tracce volutamente disseminate dall’ex sindaco portano alla coppia Battaglia – Chessari. Dipasquale si vanta del loro appoggio; solo un mese fa ha donato 64 mila euro al centro studi Rossitto, ed ha coltivato una intesa più che cordiale con Battaglia non dimenticandosi mai il sostegno ad una associazione curata da membri della famiglia del senatore, e consentendo la permanenza di Battaglia al Consorzio universitario. Nello Dipasquale in questi giorni non perde occasione per rivelare che il suo percorso è avallato dal Pd e non lo fa solo per millantare amicizie, lo fa con crudeltà per sconquassare il cuore della sinistra. Sappiamo che Gianni Battaglia ha rifiutato di stilare un documento unitario del Pd locale per dire no all’ingresso di Nello Dipasquale nella lista di Crocetta, sostenendo che il partito non deve interessarsi della questione. Questo atteggiamento non ha alcuna strategia se non quella di demotivare e confondere l’elettorato in cambio forse – speriamo che ciò non sia vero – di una squalida alleanza in vista della rielezione del sindaco. Quanta amarezza per noi di sinistra in queste ore che dovevano essere di gioia e di speranza! Nel frattempo dicono che l’ex sindaco sia tornato per un giorno di lavoro alle case popolari per poi chiedere l’aspettativa. Gli auguriamo che questa giornata normale sia solo un addio al pio istituto e che il suo sogno deputatesco vada in porto, e che forte di quella posizione possa continuare a divertirsi per il resto della sua vita solcando i mari del sud. Per il Pd preghiamo affinchè avvenga il miracolo e ogni ambiguità venga spazzata via, tanto da costringere Dipasquale a candidarsi presidente di tutti i movimenti del pianeta. E per noi? Ci rimane la solita mappazza: Gianni Battaglia, Giovanni Cosentini e un mare di cemento.

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