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05/09/2012 -

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NELLO DIPASQUALE E LA FINE DELL’INCANTESIMO

Non se l’aspettava, l’ex sindaco, una reazione così forte del Pd ragusano contro il suo volo trasformista che lo ha portato tra le braccia di Crocetta, e non se l’aspettava nemmeno il senatore Battaglia una mobilitazione che raggiungesse i livelli nazionali del Pd. Entrambi, con le dovute e fortissime differenze umane e culturali, non percepiscono più gli umori delle persone comuni, sentono solo se stessi e gli “apparati” di partito che, molte volte, nelle lore vite, sono state realtà sovrapponibili. La prova recente di questo disprezzo per le coscienze altrui con la conseguenza – ai limiti dell’autistico- di considerarsi esenti dai giudizi del prossimo, l’abbiamo avuta, ad esempio, con la permanenza – fra l’altro rivelatasi esclusivamente consociativa e priva di risultati concretamente positivi – di Battaglia al Consorzio universitario. La sua valutazione, a onore del vero, era esatta: il Pd non farà niente, e così è stato. La discussione interna si è trascinata per anni e poi è giaciuta su un binario morto e Battaglia è rimasto nel consiglio di ammistrazione. Sia Battaglia che Dipasquale – persino prendendo per buono che tra i due non ci sia intesa, simpatia o “inciucio” – ritenevano, insieme o separatamente, che non sarebbe esplosa alcuna ribellione. Questo tratto comune tra l’ex sindaco e il senatore delinea la cornice in cui si è incastonata afflosciandosi dopo l’eccitazione dei successi economici della classe intermedia, la città di Ragusa: un duty free per libertà politiche, affaristiche e morali. Siamo ancora sotto questo incantesimo paralizzante – il modello Ragusa, l’effervescenza delle imprese, l’ombelico del Mediterraneo, il miracolo del turismo – che ci trova narcotizzati e imbelli e financo nemici della patria, se ribelli. L’orchestra era drogata e Nello Dipasquale la dirigeva con una bacchetta magica; tutto gli è stato permesso, tutto gli è stato concesso, ogni finzione, esagerazione, falsità, prepotenza: conveniva a tutti. La legge devastante sull’elezione diretta dei sindaci che trasforma i primi cittadini in piccoli dittatori ha fatto il resto. Il silenzio di Nello Dipasquale, in queste ore, ci restituisce la miseria immensa dell’essere umano: lui, il raìs, che si divertiva a strillare come un bambino in preda alla furia della colpevole infanzia “chiacchierone, chiacchierone” nei confronti di Calabrese per umiliare e uccidere la ragione dell’oppositore, ora è costretto a rimanere acquattato, silenzioso. Non c’è ufficio stampa, non c’è giornale a pagamento, non c’è nessuno della plebaglia strisciante che lo circondava che riesca a motivare, a convincere. Il triplo salto mortale è cosa pericolosa assai e senza la bacchetta magica del potere si arriva col culo per terra. Bastava essere meno ambiziosi e meno arroganti e il riposizionamento Dipasquale poteva ottenerlo con un pizzico di decoro: fare e dire qualcosa di contemporaneo, avvicinarsi alle tematiche ambientali, abbandonare la spregiudicatezza; ma forse no, il nostro è un sogno da minchioni, e lui, invece, è chiddu spertu. Ora sta zitto, l’ex sindaco, e prega tutte le madonne affinchè Calabrese non ci riesca a svegliare quelli del Pd regionale. La lotta di Calabrese non fa di lui un eroe; è solo una persona lucida e schietta dentro questo centrosinistra del cavolo, e già ci basta. Sono già una vittoria la verità e la linearità. Dipasquale è il peggio della destra siciliana e Calabrese lo sta spiegando e ripetendo fra le anime morte del Pd, le stesse che si sono fatte incantare da Lombardo e adesso da un tipetto di provincia che con quattro parole mammalucchine pretendeva di stordirci, in parte riuscendoci. Possibile che nessuno del centrodestra tiri fuori le cassette registrate in consiglio comunale, dove l’ex sindaco garantiva la sua permanenza per il resto del mandato? Possibile che nessuno del centrodestra ricordi quando Dipasquale gridava nella pubblica piazza “fate tutti schifo ve ne dovete andare a casa signori deputati” invitandolo ad essere coerente con il manifestato schifo e quindi a rinunciare ai paracaduti dei listini, di norma riservati ai migliori, alle personalità di rilievo delle coalizioni in lizza? Possibile che il Pdl che lo ha nutrito e fatto rieleggere per essere poi pugnalato alla schiena non abbia ancora un candidato? D’altronde, chi dovrebbe farlo? Sfogliate la rivista degli eletti in consiglio dalle parti della destra o la ciurma degli assessori: i cervelli son ormai un tutt’uno con i piedi, l’homo erectus si è estinto. La destra ragusana ha accettato questa mostruosità del regime dipasqualiano, le sembrava normale avere un capetto che faceva il buono e il cattivo tempo e persino il “compagno” se la felice sterzata conduce alla poltrona da 15 mila euro. Tutta la destra lo disprezzava e tutta la destra lo osannava, preciso a quel che accadeva intorno al Cavaliere. La questione quindi non è se Calabrese ce la farà o meno; anche da perdente avrebbe vinto, e non solo per avere avuto il coraggio di sputtanare l’ex sindaco, e di costringere il senatore Battaglia a farsi vedere, in extremis, contrario all’acquisto ma soprattutto per la secchiata d’acqua gelida che contribuisce al risveglio. Qualsiasi verità giunti a questo punto è dolorosa: è terribile vedere come Dipasquale abbia scassato tutti i partiti, è offensivo ritrovarselo a sinistra, è squallido che l’abbiano preso, è rivoltante che la città abbia scelto di sopire la propria coscienza per andare dietro ad un qualunquismo fascistoide, però comunque vada per la sorte individuale di Nello Dipasquale, l’incantesimo è finito.

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