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24/01/2013 -

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Disastro idrico e ambientale a Ragusa Legambiente: “Fallimento della politica e dell’amministrazione comunale

legambienteE’ specchio e frutto di una serie di fallimenti il gravissimo disastro ambientale, relativo all’aggravarsi, dopo circa due anni, dell’inquinamento delle due preziose sorgenti Oro e Misericordia, con i conseguenti inquinamento del torrente Ciaramite (fra i gioielli degli Iblei), moria della fauna ittica (la trota macrostigma, specie di interesse comunitario e oggetto di un pluriennale impegnativo programma di reintroduzione) e inquinamento di alcuni pozzi di approvvigionamento idrico della città di Ragusa. Lo sostiene Legambiente iblea che sottolinea che questo “disastro priva la città in un sol colpo di ben 4 punti di approvvigionamento idrico: un bel record per un territorio che praticamente “naviga” sull’acqua e che paradossalmente adesso si trova povero della stessa. Un disastro che è forse il frutto più avvelenato lasciato alla comunità iblea dalla malagestione comunale: una vera e propria “bomba ad orologeria” che è deflagrata – scrive Legambiente – quando alcuni dei principali responsabili hanno preso il volo per altri lidi. C’è il fallimento della politica ed amministrazione iblea, che è riuscita a dare il peggio di sé: incapacità (o disinteresse) per una gestione territoriale sostenibile, che prevenisse il problema; incapacità della gestione delle risorse idriche, visto che l’inquinamento si è presentato ed addirittura probabilmente l’acqua inquinata per un certo periodo è stata immessa in rete, cioè fatta bere ai cittadini ragusani; incapacità della gestione del ciclo dei rifiuti, visto che da una parte si è permesso che i liquami agricoli andassero a finire in falda – afferma l’associazione ambientalista – e dall’altra non si è messa in atto alcuna strategia per rendere il rifiuto (liquame) un bene positivo, invece che un fattore di rischio. Per esempio si poteva avviare una politica di produzione di biogas, come viene fatto in diverse aree agricole d’Italia, con beneficio per l’ambiente e per le tasche delle imprese agricole (alla faccia di chi ancora sostiene che ecologia ed economia non possano andare a braccetto). Purtroppo, se ce n’era ancora bisogno, la politica iblea – sottolinea Legambiente – si trova (in grandissima parte) malata dei mali che già conosciamo: autoreferenzialità, ricerca del potere, del denaro e del successo individuale e di casta, ignoranza, incapacità. E vediamo, come già molte altre volte, che chi ha gestito in modo così disastroso il territorio ed i beni comuni viene addirittura premiato con consulenze, incarichi dirigenziali, prestigiose poltrone. Purtroppo – aggiunge Legambiente – con la complicità di buona parte dell’opinione pubblica, abbindolata da abbaglianti specchietti per le allodole, quali megaporti, rotatorie, megaparcheggi e quant’altro. Fa male dirlo, ma c’è anche il fallimento del movimento per l’acqua pubblica ibleo: un movimento che aveva avuto il pregio di riportare all’attenzione il problema della gestione dei beni comuni come occasione per costruire una nuova economia e socialità. La straordinaria occasione della vittoria del referendum, doveva essere solo il primo passo per una gestione diversa del bene pubblico. Non ci si poteva cullare – continua Legambiente – sul fatto che l’acqua non venisse gestita dai privati, lasciandola in tal modo all’insipienza della politica locale. Il consenso e l’interesse mostrato dai cittadini per la problematica acqua doveva essere “speso” nell’avvio di un nuovo percorso di gestione realmente sostenibile e partecipata del bene comune acqua. La moria di trote macrostigma, che si sono immolate per noi, ci lancia questo messaggio: non ci può essere gestione idrica sostenibile senza gestione territoriale sostenibile, senza cura per l’ambiente”.

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