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13/03/2013 -

Politica/

FISCHI E TROMBE PER GIOVANNI COSENTINI

ragusa ibla bnNon è stato raccontato dai giornali e neanche i siti di informazione locale hanno riportato la dura cronaca di domenica sera accaduta a Giovanni Cosentini al PalaMinardi: un’onda di fischi e di vattene a casa ha travolto il candidato che nel momento dell’ascesa delle ragazze della Passalacqua si è gettato anch’egli in campo convinto che quel clima festoso e trionfale dovesse coinvolgerlo per empatia e che quell’entusiasmo per la vittoria fosse benedicente e trasferibile alla sua persona. Tutto lo stadio di botto è esploso quando si è accorto che l’imponente ex vicesindaco spuntava sul parquet. E’ stato un boato collettivo, uno scherno da commedia plautina, una fischiata liquidatoria al personaggio che incarnava – e assai bene – la politica che non cala più. Si è acconciato la giacca sulle spalle ed è andato via, Giovanni Cosentini. E’ grillismo strisciante? Anche, e se è così si tratta di un moto liberatorio che ci allinea al sentimento di stanchezza che contagia il Paese e che netta Ragusa da quel velo di malefica e persiana liscezza che ha aiutato i potenti a mantenersi tre metri sopra il cielo. E’ questa l’atmosfera spietata dell’elezione amministrativa che ci accingiamo a vivere e quel 40 per cento preso dal Movimento 5 Stelle non solo non è esaurito ma spinge gli animi ad un atteggiamento irriverente e comunque pieno di possibile freschezza. L’incertezza di queste ore nelle alleanze e nelle candidature è la conseguenza di questa imprescindibile e travolgente realtà, e la paralisi che attraversa la sinistra ragusana è una mesta presa d’atto dell’inadeguatezza di ogni proposta, persino della più seria, di fronte alla rabbia dei cittadini. Solo Cosentini e il suo boss Nello Dipasquale sanno che devono rifiutare l’evidenza dei tempi perché il loro sistema di potere si basa sulla verticalità assoluta di una classe dirigente chiusa e inespugnabile, una congrega dove regna lo scambio di favori e di fedeltà e dove “la cortesia a titolo personale” è il culto dominante nella rete di connivenze e favori reciproci; devono recuperare i clienti, i servitori, le lobby, e ricordargli che il motto del Gattopardo sull’immutabilità della Sicilia è sempre valido e conveniente nella piccola Ragusa di ieri, di oggi e di domani. Poco importa se Dipasquale da abile trasformista si sia buttato con successo con Crocetta perché qui, nel suo territorio, mantiene la primitiva natura. Cosentini era il sapiente plenipotenziario di Totò Cuffaro, e Dipasquale per sei anni ha imposto al nostro sguardo, nella sala giunta del Comune, la foto che lo ritraeva a fianco di Angelino Alfano: quelli erano i loro riferimenti politici, etici, culturali coltivati e usati per decenni, e gli ultimi sei mesi non sono né conversione né convinzione ma solo opportunismo e sopravvivenza. I ragusani hanno coscienza che il duo Dipasquale-Cosentini è roba vecchia – da qui i gran fischi dell’altra sera – epperò il salto dell’ex sindaco, ora onorevole, nelle braccia di Crocetta spiazza i tradizionali avversari. Megafono, che è solo un’accozzaglia di transfughi, teoricamente sta a sinistra, già cede. Nei fatti non può disconoscere che Dipasquale, all’Ars, dopo il flop di Territorio, è passato con tromba e rivoluzione, così come non si può trascurare l’apporto ragusano dato dallo stesso Dipasquale all’elezione di Lumia che costituisce titolo di incasso e riconoscenza anche sotto l’era di Crocetta, perché la politica in Sicilia funziona ancora così. Per Dipasquale rimane vitale mantenere il protettorato su Ragusa e va promettendo, approfittando dello stato attonito della sinistra, assessorati, consulenze, vicesindacature. Traffica con Sonia Migliore che si è ritrovata coordinatrice dell’Udc lo stesso giorno in cui Casini decretava la fine del partito – figuratevi perciò quanto conti questo ruolo -, e, traffica, Dipasquale, soprattutto con le frange insoddisfatte del Pdl, in testa Giovanni Occhipinti. L’annuncio quindi di Megafono, poi smentito, dello appoggio a Cosentini è il risultato sì della tessitura di Nello Dipasquale ma è soprattutto la riprova che i vari Bertolone – un tipo che stava con Rotondi, poi con i Forconi, e che ritiene Cosentini il buon passato da riconfermare – sono gli attori di questa rappresentazione. Il Pd con il segretario Calabrese è la grande vittima di questo caos; viene guardato con sospetto e alterigia da coloro che soffrono di purezza parossistica – Iacono si è già sfilato -, e non può raccontare dei guai combinati a Ragusa dal divo Crocetta perché sarebbe stridente e incomprensibile lamentare il disorientamento da 8 settembre creatosi in città con l’acquisto di Dipasquale voluto dal governatore la cui figura viene percepita dalle masse, tutte le sere, in tutte le Tv, come quella di un oracolo che risponde sul miracolo siciliano. La situazione di Calabrese che per sei anni, da solo, ha tenuto testa al peggior berlusconismo ed affarismo è resa ancor più difficile da Gianni Battaglia che non si capisce se voglia solo sfasciare il partito per sfogarsi dell’onta subita, ossia la sconfitta alle primarie, o se ha in mente qualcosa di meno personale che lo possa spingere oltre la “vendetta”. In questo panorama, con una città depressa, violentata dal governo Dipasquale (basterebbero le negligenze per l’acqua inquinata a decretare l’impresentabilità di Cosentini), intrappolata da relazioni malate fra partiti e società, il M5S avrà partita facile. Cosentini non reggerà l’impatto, e i fischi del Pala Minardi saranno niente in confronto a quel che potranno combinare quattro ragazzi usciti dal nulla.

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