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16/04/2013 -

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NELLO DIPASQUALE E LA CORSA NELLA PRATERIA

nello furboCome definire la Ragusa di Nello Dipasquale? La sintesi migliore ci viene da una descrizione sulla Russia eltsiniana: plutocratica, economicamente selvaggia, politicamente ibrida, moralmente libertina. Questo è valso per più di sei anni ed ha lasciato una città stremata, annebbiata, instupidita, inconsapevole del disagio. Abbiamo convissuto con Dipasquale con lo stesso incantato intontimento con cui si ammira la Maria De Filippi: si sa che devasta, ma c’è, e pare non si possa prescindere da questa rappresentazione. E’ proprio questo dominio assoluto della scena che ha permesso a Nello Dipasquale il triplo salto mortale con doppio avvitamento che prima lo ha catapultato dalla destra a Crocetta, ed ora con mirabili salti a zig zag lo rituffa fra l’Udc e quel che resta del Pdl. Dopo il no alle primarie – un errore strategico non averle accettate perché sarebbe stato il suggello della conversione – Dipasquale sta operando affinchè tutte le forze politiche si pieghino al candidato unico, trasformando Cosentini – che nasce democristiano e pacifante – in una specie di Kim il sung nostrano che ce lo rende goffo e ancora più ingombrante e quindi sospettabile di feroci appetiti. In queste ore il Pdl sta dibattendo al suo interno sulle condizioni di resa a Dipasquale: andarci in blocco senza chiedere niente oltre l’assessorato – questa è la linea del fronte Minardo e Occhipinti – oppure pretendere un’intesa più larga – come sostiene Giorgio Assenza – che coinvolga Comiso. Non deve lasciare stupiti questa mancanza di dignità del Pdl ibleo: qui si va a fiuto inseguendo la possibilità di affari o la concretizzazione di posizioni, e la proposta di Cosentini va benissimo; è quasi la raffigurazione plastica di quello spirito. Il segnale di ascesa a candidato del pensiero unico, Cosentini lo ha dato quando ha chiesto l’aiuto a Franco Poidomani: una mossa tesa a tranquillizzare i costruttori angosciati dalle mode radicali e green che attraversano il Paese e che impongono alla voce cemento il volume zero, mentre loro sono aggrappati alle ultime lottizzazioni. Altro segnale, stavolta ideato da Nello Dipasquale che ad ogni campagna elettorale viene preso dalla smania di impossessarsi dei simboli ordinando di appiccicare bolli nei comitati elettorali, è stato quello di affiggere lunedì sera il simbolo di Megafono; una mossa che ha avuto come conseguenza oltre al silenzio imbarazzato di Crocetta la frantumazione della lista del presidente con il simpatico Claudio La Mattina che in un impeto liberatorio si è dichiarato da qui all’eternità uomo di sinistra. Tutto quel che sta accadendo era prevedibile; Nello Dipasquale frantumando in più parti i partiti – tutti quelli che ha incrociato nel suo cammino, Pdl, Udc, Pid, Megafono – si è però distratto da una visione complessiva della città. La folle corsa non contempla, abbiamo detto, sguardi ai margini, mentre è proprio qui che il disagio inconsapevole è divenuto irritazione e rabbia. La proposta alternativa che Dipasquale ha sbranato anzitempo entrando a gamba tesa dentro l’area del Pd, ossia un’alleanza unitaria delle sinistre, l’unica vincente, è svanita. La catena di ambiguità che ha fatto deputato l’ex sindaco ha travolto il Pd. Un segretario regionale che non ha avuto la forza di mettere limiti alla campagna acquisti di Crocetta, e questi che non può rinunciare all’appoggio dei deputati trasformisti, e tutto il passato filoLombardo di Lumia e Cracolici che hanno annientato la storia di un glorioso partito, sono gli elementi che hanno ridotto anche il Pd ragusano ad uno stato confuso e timido. La partita non è chiusa: oltre la prateria c’è la città che bolle di rabbia contro la cattiva politica. Il Pd da solo, con Calabrese o qualsiasi altro, può recuperare consenso, e altrettanta forza, se non maggiore, avrà il candidato ingegnere del movimento 5 stelle. Dipasquale ha già indivuato nei ragazzi grillini il nemico: li apostrofa con disprezzo e tronfio del solito egocentrismo rimarca la sua abilità nel gestire Ragusa. E’ proprio questa vanteria nel maneggiare la città che potrà risvegliare gli elettori. Piace gente fresca e nuova. La sapienza di Cosentini per le antiche e solite cose non solo non funziona, ma manda in bestia i cittadini. E non c’è trucco che tenga. Per dirla alla Bersani: Non è che se a Cosentini gli metti il giubbotto nero ti diventa Renzi! Ah dimenticavamo l’alternativa, sì Sonia Migliore. Qualcuno glielo spieghi che si chiama continuità.

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