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28/06/2013 -

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FEDERICO PICCITTO, L’ORDINE VIGENTE E L’ESTREMISMO

foto neo sindaco PiccittoLa città oppressa e spolpata si è ribellata scegliendo Federico Piccitto, e questa rottura ora deve riempirsi di un nuovo modello politico oltre che morale. Il vassallaggio psicologico nei confronti di Dipasquale si è spezzato rabbiosamente sulla scia di un rifiuto dell’esistente – tracotanza, clientelismo, sottocultura – esplodendo in indignazione collettiva che ancora però non individua una nuova organizzazione fuori dai valori della “ricchezza”, l’elemento cementante della città prosperosa e tranquilla. Piccitto e i 5 stelle sono i portatori della banalità socialdemocratica (la forma migliore di organizzazione del potere inventata dall’uomo) e quindi il loro sentimento che autodefiniscono rivoluzionario si realizza ed esaurisce in un rapporto perfetto tra modernità, diritti, tecnologia, legalità. E’ tantissimo, è quasi tutto – si dirà – proveniendo dalla mangiucchia e dalla cricca, ed invece occorre domandarsi se questa nuova classe dirigente al potere, che ha come bagaglio freschezza, onestà, incontaminatezza, riuscirà a comprendere o oserà pensare una città o una società oltre il dominio plutocratico. Qualcuno obietterà che a 24 ore dall’insediamento è del tutto inopportuno e stupido caricare di angoscia e dubbi il nostro sindaco; ed invece è proprio la conquista del governo il primo passo per costruire una politica oppositiva al sistema. Il momento dell’indignazione e della protesta è finito ed ora Federico Piccitto sarà inghiottito da un vortice di cerimonie, visite, saluti, inaugurazioni, inviti che lo accerchieranno e che insieme alle mille emergenze ed insicurezze – in primo luogo i misteri sul bilancio e le casse – potranno formare uno stato impermeabile tra la cronaca del fare e la passione del cambiare. Per fortuna l’appartenenza al Movimento 5 stelle, fra meetup, ottocentesca analisi carbonara, esasperante assemblearismo, rappresenta un argine alla patologia – la perdita di equilibrio – che colpisce i primi cittadini. Non si può negare la valenza della trama – associazionismo, imprese, corporazioni – che avvolge la laboriosa Ragusa, ma i tempi sono maturi – come dimostra la crisi e le rivolte che si accendono in più luoghi del mondo – per dire no all’egemonia opprimente dei ceti ricchi che anche nella nostra Ragusa hanno dato le carte miscelandosi e camuffandosi in borghesia operosa. D’altronde il collasso dell’economia ragusana certifica il fallimento del modello Ragusa e di tutti gli altri sparsi in Italia che si basavano sulle felici e liberiste connessioni interclassiste che sprigionavano benessere ed escludevano lo Stato eccitando i potentati. La prova della “dittatura” della democrazia dipasqualiana si è svelata, infatti, quando l’ex sindaco privo di tensione ideale ed esclusivamente preso dalle ambizioni personali ha sepolto il bene comune consegnandosi insieme agli apparati del Palazzo alla cerchia dei ricchi e dei furbi. Il dramma del Pd di Calabrese che accetta l’inciucio perché doveva come un pecorone andar dietro al quadro regionale (una fesseria stratosferica considerando la mancanza assoluta di linea politica o di certezza di condotta interna che vigono tra Megafono e Pd) è appunto essersi fatto abbagliare dalla proposta del duo Dipasquale – Cosentini ritenuta ancora valida e vincente. L’arcaicità e l’insensibilità del Partito democratico ha orientato la città verso Piccitto. Come cani da tartufo annusando in giro abbiamo individuato che il buon odore veniva dalle 5 stelle e lì ci siamo tuffati. Ora spetta a Federico Piccitto elevare la ribellione in pensiero critico e iniziare la trasformazione nell’organizzazione della vita collettiva. L’ordine vigente non soddisfa più i ragusani, ma la comunità non ha la forza di uscire dalla cornice economica e sociale consolidata da decenni; si ha paura del cambiamento sostanziale: è inimmaginabile. Il sindaco Federico Piccitto si sta muovendo con buon senso facendo della parola ragionata e dei toni pacati i primi strumenti di penetrazione nella cosa pubblica, ma sarà solo il suo estremismo a dare significato al malcontento, a far crollare gli assetti di un tempo, a donare vitalità a Ragusa.

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