E’ la sovrana fra le tre che ondeggiano ad apertura di città dove ha inizio il lastricato fascista che conduce alla piazza delle adunanze ora abbandonata non tanto per la pesantezza della settantenne democrazia, ma per la fuga dei piccoli ragusani trasferiti in villetta. Sono tre le palme, e nonostante il seme mediterraneo hanno un aspetto tartaro, sarà la solitudine… E’ dalla più alta che arriva notte e giorno un tramestio di robe accartocciate, oggetti nascosti, palline sonanti, bisacce spostate. Sotto, a volte, gli africani e le donne dell’est, che attendono il loro tempo sotto la sozza pensilina, vengono stuzzicati da lanci dispettosi di quarzi, punte di cerbottana, mezze piume di struzzo, e così guardano in alto e sentono che qualcosa si muove, un soffio, un bambino. Intorno, i grandi e disordinati alberi vicino la stazione mormorano qualche verso di consolazione alle tre altissime signore che nessun punteruolo – figuriamoci poi quello in rosso- può offendere. Un costruttore d’orrori – con la complicità del Comune – vuole abbattere questa regina. Si sono strappati i massi alla terra e sterrati percorsi per penetrare nel ventre di quel tirannosauro di cemento, l’emblema della città morta. Vogliono eliminare la palma e tirar giù dritto una scivola per rendere fruibile un palazzo vuoto, e brutto e grondante di vergogna e stupidità. E’ passato un grillino da lì sotto, uno di quelli che crede alla legge, e come sempre dalla palma è caduta qualcosa: centrato in pieno cranio con un gessetto di quelli che servono a far madonne in strada, a segnare le porte. Il grillino col gessetto in mano sta valutando il da farsi. Deve morire? Deve spostarsi? Vale più la natura o l’autorizzazione? Dalla palma – a sentir parlare di meetup – scoppia una risata fresca, di quelle contagiose e primaverili e persino le altre due scuotono divertite la verde capigliatura. La palma regina, pur avendo cultura imperiale, si era accomodata all’anarchismo e comunque ora approva il movimento lento e risoluto del nuovo sindaco. Quello coi gessetti passa la mano. E’ pronta al colloquio col capo: lo tirerà su facilmente, nonostante Federico Piccitto abbia i fianchi allargati, e gli farà vedere il mondo da lassù. Fra le mille meraviglie aggrovigliate nella chioma, un cannocchiale magico con intarsi d’avorio, ricordo della giungla. “La prego signor sindaco, ammiri, c’è tutto: il passato, il mare, l’altopiano, il deserto, ed anche la sua strada”. Il ragazzo con gli occhi chiari si avvicina col cuore che fa pum pum pum, e guardaà poi, raggiante, abbraccia il tronco e salta giù. Si salverà la palma? E il suo segreto qual è ? E Federico dove corre, cosa ha visto?
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