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05/12/2015 -

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II caso Campo e la voglia di cambiare

imagesLe sedute della commissione trasparenza, con le audizioni dei protagonisti della storia dell’assunzione del marito dell’ex assessora Stefania Campo, hanno confermato in pieno quanto raccontato da Tele Nova. Sono emersi però altri particolari che rendono ancor più grave la vicenda. Questi nuovi elementi sono stati forniti dal presidente della cooperativa Agos, aggiudicatrice dell’appalto per la lettura dei contatori idrici, e dai tre letturisti, Miciluzzo, Iacono e il dottore Sottile consorte della Campo. Cosa sapevamo sino ad oggi? Della madre della Campo, signora Tinè funzionaria comunale, che inserisce nel 2014, nel bando, l’obbligo dell’assunzione per i lavoratori provenienti dall’appalto precedente – blindando così la posizione del  genero che ebbe la fortuna di ottenere quel lavoro nel  2012 quando era sindaco Nello Dipasquale;  sapevamo della trattativa intercorsa tra i letturisti ed il presidente dell’Agos, La Mesa, per ottenere la paga di 850 euro nonostante il servizio prevedesse il cottimo, con l’incontro al bar che vede la presenza del dottore Sottile accompagnato dalla moglie assessora in carica; sapevamo di un ultimo incontro tenutosi al Comune di Ragusa e promosso dalla Tinè in cui partecipano i tre letturisti, la cooperativa, il dirigente Lumiera e la funzionaria suocera; sapevamo infine che l’ultimo appalto vinto dalla Pegaso qualche mese addietro vede la riconferma solo del dottore Sottile e l’esclusione degli altri due letturisti. Cosa si è scoperto adesso? Che quanto raccontato in audizione in modo più che vago da Lumiera e la Tinè, la quale ha prodotto anche una “memoria” scritta, non regge. Infatti la Tinè sostiene che l’incontro al Comune fu un’idea di  Lumiera che aveva l’esigenza di far partire l’appalto, e, entrambi i comunali, ovvero il dirigente e la funzionaria, in commissione trasparenza dribblano su uno dei nodi centrali:  perché erano presenti i tre letturisti all’incontro? Chi li aveva invitati al Comune? Lumiera risponde che non lo sapeva. Ma la verità è un’altra. La Tinè chiama La Mesa per incontrarsi e chiama anche il capo dei letturisti Miciluzzo il quale a sua volta telefona agli altri due. Il marito della Campo dichiara infatti che è stato invitato all’incontro dal collega Miciluzzo. La Mesa inoltre dichiara di non aver avuto mai avuto alcun  contatto con Lumiera e di essersi meravigliato quando, giunto al Comune, trova i tre letturisti. La storia è semplice. I tre letturisti premevano per ottenere una cifra, gli 850 euro, e La Mesa rimaneva fermo al punto del pagamento a cottimo stabilito dal capitolato; la situazione era in una fase di stallo. Cosa fa la Tinè per chiudere la partita? Organizza l’incontro decisivo: chiama i letturisti, telefona a La Mesa il quale la va a prendere in macchina nella sede distaccata di Via Spadola, e, giunta al Comune, passa la palla a Lumiera che insiste e insiste e insiste sulla necessità di far partire il servizio altrimenti… – e questo Lumiera lo dice prendendosi da parte La Mesa – scatteranno le sanzioni. La Mesa accetta. Seconda parte quella che riguarda la cooperativa Pegaso. Perché fu contattato ed assunto solo il dottore Sottile? Perché solo questi risultava “Armonizzabile” con le esigenze della ditta? Evidentemente a La Ferla l’unico letturista che gli garbava era il marito dell’ex assessora Campo ed infatti agli altri due non offre  il lavoro– circostanza che smentisce quanto dichiarato dalla Campo in più occasioni per giustificare il trattamento riservato al marito. E perché il Comune non si è mai occupato di conoscere i motivi per cui la cooperativa non ritiene percorribile l’armonizzazione prevista dall’appalto, e perché non si occupa che il servizio sia effettuato e bene? Quante domande, quanti dubbi, quanti pasticci, quante comportamenti poco consoni a una pubblica amministrazione che deve salvaguardare gli interessi collettivi!  Ricordiamo che stiamo pagando le bollette dell’acqua sulla base dello storico e non della rilevazione, e lì, al Palazzo, si ha il tempo, la forza persuasiva, l’occhio di riguardo, quando le questioni non sono proprio di interesse generale, e se invece c’è da tutelare i cittadini a nessuno importa un fico secco di controllare la regolarità e efficienza in quel casino delle cooperative sociali! E’ per questo che sarebbe doveroso inviare tutti gli atti e le registrazioni frutto di queste giornate di commissione trasparenza alla Procura della Repubblica. La questione non è il reato, ma gli usi ed i costumi degli apparati burocratici oltre, evidentemente, la superficialità della Campo che o non si accorge dei  grandi movimenti in corso ad opera della madre, o non è all’altezza di comprendere, come abbiamo già scritto, ruolo e limiti. E fra i punti più scottanti della vicenda c’è appunto la mentalità che impera tra i dirigenti comunali – a cui l’invio degli atti alla Procura farebbe capire che è ora di rigenerarsi – poiché l’apparato è restio al cambiamento e prigioniero di un patto di rispetto con le forme del  vecchio potere con cui fra l’altro mantiene e coltiva rapporti. E’ questa una delle battaglie che deve vincere Piccitto: rinfrescare l’aria di Palazzo dove non è un caso si sia sviluppato l’affaire Campo che alla fine riflette sino al ridicolo e al parossistico una antica e consolidata normalità. Ora vediamo cosa accade dentro i cinquestelle. Il sindaco Piccitto che ha fatto bene a mandare via la Campo, sta affrontando un momento difficile. Non è bastato Giancarlo Cancelleri a rimetterli in riga; la densità politica raramente è dote naturale e i consiglieri cinquestelle, soprattutto i membri della commissione risanamento che stiamo vedendo all’opera, rappresentano il fior fiore della improvvisazione al governo che, non sembri contradditorio, è una delle vere qualità del movimento. L’improvvisazione però è genio, intuito, fantasia, coraggio e non la visione di questi consiglieri che come gladiatori stanchi dalla costrizione alla lotta, ogni tanto si riscuotono dal loro sopore, danno un colpo a casaccio, si guardano fra di loro smarriti e ripiombono in un torpore pieno di certezze in cui si erge, ma per stupefacente bellezza, il consigliere Salvatore Dipasquale. Portano il vessillo glorioso della Santa Stefania Martire dell’Amor Sottile, e non comprendono che non serve alcuna difesa, esigenza inutile e ampiamente superata dall’evidenza dei fatti e dalle dimissioni: dovrebbero essere loro a incalzare, a ricollegare, a rivoltare  il pantano, rinnovando all’elettorato la promessa di cambiamento. Non capiscono questa esigenza politica, vedono solo la punta del loro naso, non riuscendo  ad approfittare della grande opportunità che gli si è offerta ossia quella di formarsi e temprarsi come classe dirigente. Hanno scelto di ripararsi dalla accusa dello scandalo, rinnegandolo con un infantile “non è vero”, che non porta da nessuna parte. Ne usciranno malissimo nell’opinione pubblica ragusana, e il sostegno e il negazionismo dei loro i amici che scrivono a vanvera – chi per interesse chi per ottusità – peggiorerà la loro condizione di astrattezza e scarsa densità politica. Il sindaco è solo in questa immensa maggioranza che passa dall’impalpabilità assoluta alla gravità di un macigno. Non è vero che uno vale uno, quando sedici consiglieri ne valgono tre e quattro capaci e pensanti. E’ vergognoso che durante l’occupazione dei lavoratori dell’immondizia, consiglieri ed esecutivo siano entrati nel pallone nonostante il bando preparato dalla giunta sia ottimo. Non riescono ad uscire dall’assunto che loro sono inattacabili perché migliori, e da qui sbagliano tutte le mosse, ed evitando i contatti, il confronto, la duttilità, la mediazione, si autoescludono dalla possibilità dallo scambio di crescita con gli interlocutori. L’altra sera la Zaara Federico in un momento di tensione e difficoltà quando i lavoratori dell’idrico con i loro cartelloni protestavano per alcune clausole dell’appalto, è esplosa con tutta la sua lunghezza d’arti – le sue braccia preannunciano l’articolazione della parola, purtroppo rivelatasi in questa circostanza infausta – in un “ne approfittate anche di questi disgraziati!”, rivolgendosi all’opposizione. I disgraziati, per la signora, sono i lavoratori. Fa bene la Zaara Federico a scambiarsi amorevoli messaggini via facebook con la Campo: in quel giardino delle meraviglie, i disgraziati dei lavoratori stonano eccome. In quel quadretto oleografico, non c’è mutamento di scena, non c’è movimento, non c’è evoluzione, solo perfezione. Una illusione, una sciagura, se si fa politica. Chi dovranno chiamare – Di Maio o Grillo ?- per capire che tutta la vicenda della Campo si era già conclusa quando in commissione trasparenza la signora Tinè così parlò: “E vediamoli allora quanti ce ne sono parenti di gente del Comune dentro le cooperative!”. Dovevano ritrarsi i cinquestelle davanti a tale dichiarazione qualunque sfumatura la si voglia dare, dall’amara verità, alla disperazione, al condizionamento; invece sono rimasti immobili non cogliendo l’urgenza di defilarsi.

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