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23/02/2016 -

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LA BATTAGLIA DI IACONO ED IL SENSO POLITICO DIMENTICATO

Giovanni-Iacono-680x365_cMentre si attende che la Regione approvi o cancelli l’emendamento di Nello Dipasquale che vuol gestire i soldi derivati dal petrolio come meglio gli aggrada, togliendoli da Ragusa e dandone qualche manciata in giro per la provincia, il nostro gioiello delle meraviglie, il porto turistico di Marina, torna in prima pagina per il sequestro, per infiltrazioni mafiose, delle azioni Tecnis, Cogip Holding e Artemis SpA. La Cogip ha appunto partecipazioni in Mariblea Service  che si occupa dei servizi del nostro porto. Che relazione c’è tra la protesta di Giovanni Iacono con le sue dimissioni da presidente del consiglio e la lotta antimafia  che ha portato i carabinieri a sequestrare le azioni della Tecnis? I due eventi che si sono presentati nello stesso asse temporale – solo cinque giorni di distanza – ci conducono a riflettere sulla storia politica e amministrativa dell’ultimo decennio con il deputato Dipasquale referente della voracità e della destrezza degli uomini d’affari e Iacono che nel 2007 intuisce la portata e le conseguenze di una speculazione edilizia che condurrà Ragusa alla morte urbana. Perchè ricordare oggi questa vicenda lontana e rimettere uno di fronte all’altro i due? La ragione è facilmente intuibile: visioni del mondo e sentimenti politici diametralmente opposti che nessuna iscrizione di facciata a qualsiasi partito progressista, oggi il Pd in cui si è ricollocato Dipasquale – tanto per intenderci- può far ricongiungere. L’azione di lotta contro l’amico dei costruttori che Giovanni Iacono allora si intestò – non fu il solo, in verità, a tenere testa all’allora sindaco- fu un seme educativo che germogliò immediatamente nel cuore dei ragusani e che divenne patrimonio culturale di tutti i giovani di quell’epoca. I cinque stelle e il nostro sindaco sono, ad esempio, gli spettatori silenziosi di quegli accadimenti,  di quella battaglia – e purtroppo di  quella sconfitta -,  e quella esperienza ha costituito parte delle fondamenta di ribellione al sistema che li ha condotti all’adesione movimentista per una società migliore, più sana, più giusta, più onesta. Quando Giovanni Iacono sceglie da solo di rompere gli indugi e si rituffa a capofitto nello scontro con Dipasquale in una nobilissima battaglia a difesa della legge su Ibla e a difesa del rimborso che le società di petrolio ci devono, è chiaro che lo fa nella certezza che i ragazzi cinque stelle lo seguano così come quella parte di città progressista che per fortuna esiste e resiste. In queste ore questi aspetti fondamentali della vicenda dimissioni  ossia il rinnovato scontro con il “nemico” Dipasquale, e la necessaria comunanza d’intenti con i cinque stelle sono stati però sporcati e volutamente offuscati. La destra e lo stesso Dipasquale hanno iniziato a parlare di fantasiosi e ipotetici appetiti futuri di Iacono per candidature di chissà che anno, e, purtroppo, i cinque stelle, a volte privi di elementare buona educazione politica, invece di respingere la provocazione delle dimissioni hanno iniziato a trastullarsi nei loro sogni di presa totale delle istituzioni. Intanto mercoledì notte si saprà di che morte dovremo morire, ovvero se l’osceno emendamento Dipasquale  verrà votato o cassato. Non siamo messi bene: nonostante il buon lavoro fatto dalla deputazione cinquestelle e la motivatissima, logica e ragionata lettera di Piccitto e Iacono alla presidenza dell’Assemblea regionale che smantella a suon di norme l’emendamento, da quelle parti, a Palermo, vince chi governa, e Dipasquale sta sempre dalla parte giusta, quella del potere. E’ chiaro che qualora l’emendamento venisse respinto tutti ne gioiremmo e Iacono dovrebbe tornare a presiedere con rinnovato orgoglio il consiglio comunale, ma in caso contrario? Sì, sarebbe ancor più doveroso che i cinque stelle per esprimere la riconoscenza alla temeriaretà di Iacono che non è improvvisazione, ma perseveranza nella individuazione netta dell’avversario, richiamassero Iacono alla guida del consiglio. Ai cinque stelle serve moltissimo, anche se non tutti percepiscono questo loro stato di bisogno, una compartecipazione al governo della città perché li obbliga ad una costante, anche se difficile e disturbata, connessione con tutto ciò che è altro da loro. Perdere Giovanni Iacono non rappresenterebbe una “liberazione” per tornare alla infantile e falsa purezza che inseguono, bensì un arretramento, l’ennesima chiusura, la certificazione di incapacità a tessere un dialogo, l’impotenza a realizzare l’unità nella diversità in nome di un progetto solido e duraturo per la città di Ragusa. Non capire le mille sfumature sulle dimissioni di Iacono – non ha valenza alcuna se solo annunciate o protocollate o comunicate – significa farsi spostare sul terreno di gioco favorevole a Nello Dipasquale e alle persone che come lui ritengono Ragusa un campo di azione per ogni avventura privata e personalissima. Questa orrida condizione non vale solo per gli affaristi e per la politica che li protegge, ma può essere allargata e divenire condizione necessaria per l’agire indisturbati in assenza di un senso civico profondo e colto che impedisca e individui il male di cui stiamo parlando. Anche il governo cinque stelle per Dipasquale ed i suoi amici, sembra paradossale, deve trasformarsi in avventura politica episodica senza radici, senza ramificazioni. Ed infatti l’ex sindaco con scaltrezza ha lanciato una freccia velenosa a due punte; con la prima denigrava l’azione di Iacono e con l’altra sperava di iniettare ai cinque stelle l’elisir della beata solitudine. La presenza di Iacono dentro il governo cittadino dunque è importante a riconferma di una direzione politica che i cinque stelle possono rappresentare se non dimenticano la storia di questa città.

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